29 ottobre 2007

Rivincita - pro e contro -

Mi chiedo se ha un senso...

Adesso che mi sento decisamente meglio me ne frego di ciò che un tempo mi ha portato a creare questo blog. Anche se il fatto di fare tanto lo spavaldo, il superuomo della rivincita, induce nei miei pensieri il caro vecchio attento a quel che dici.

Lui è ancora lì, lo so. Sopito, quasi annoiato, letteralmente anestetizzato.

Sono sempre più convinto che la radice del problema è a livello chimico.

Parlare e parlare e poi pagare, non mi ha mai aiutato. Mi piacerebbe capire e/o conoscere qualcuno che ha trovato un qualche giovamento nella psicanalisi; purtroppo non conosco molti "disturbati" come me o quantomeno le persone che conosco non è che me lo vengono a dire.

Vorrei che la guarigione mi venisse spiegata fossi un bambino delle elementari; sarebbe a dire con molti fatti e poco fumo.

Ho il dubbio di non esserci mai veramente andato in psicanalisi. Entravo, parlavo, ascoltavo, pagavo ma non credo di essermi mai veramente aperto, anzi ne sono certo.

Ma poi, rivincita di che?

Questa parola non mi convince più.

Non credo di poter trarre giovamento da una seduta di psicanalisi, poichè non sono in grado di aprirmi veramente e, lo ammetto, la cosa un po mi preoccupa.

Ti trovi ad un passo dalla linea di confine e lì resti.

Ho paura di andare oltre quella linea, non riesco a sorpassare la salita perchè temo che il cuore possa scoppiarmi, così mi volto e approfitto di un po di discesa, poi mi volto ancora e arranco nuovamente su per la salita. Ma la vetta non la raggiungo mai poichè dopo so che mi aspetta la vera discesa e indietro non si torna e ho paura di non aver freni abbstanza buoni per rallentare.

E mi chiedo se i freni, lungo questa discesa a perdifiato, siano necessari o se sia veramente decisivo lasciarsi andare correndo il rischio.

...metafore cicloamatoriali. Non conosco attività fisica altrettanto faticosa dell'affrontare salite di una certa entità in sella ad una bicicletta.

Sono un buffone che scappa dal tema del post con la scusa dei pedali.

Oltretutto in questi giorni sono in lotta con un dilemma di vita quotidiana e non so che pesci prendere. Da una parte c'è una maggior sicurezza lavorativa e una interessante e gratificante crescita a livello professionale. Dall'altra parte c'è la comodità di restare a lavorare vicinissimo a casa e avere anche giorni di fancazzismo. Aspettano la mia risposta e io sono qui indeciso anche per questioni umane nei confronti del mio attuale datore di lavoro.

Mi sorprendo perchè un tempo non mi avrebbe mai sfiorato l'idea di andare fuori città per lavoro. Rabbrividivo al sol pensiero, mentre ora la cosa quasi quasi mi mette l'acquoloina.

Sono un supereroe degli stati ansiosi! Un cavaliere impavido che cavalca imbottito di tranquillanti. ( ho imbottito pure il cavallo; trattasi di bestia depressa... )

Dopo tante chiacchiere a salve, devo ancora decidere se la parola Rivincita nel titolo del blog ha sempre un senso.

Il dopocena porta consiglio...

26 ottobre 2007

Hanno detto "a caso"

Ritieni di poter dire la tua e sai esattamente ciò che gli altri vogliono sentirsi dire.

Ti sei preparato ad affrontare una giornata e le altre a seguire.

Sei la perfetta macchina da rapporti interpersonali.

Hai provato a rispondere cercando una risposta nel posto sbagliato, sotto la suola del tuo cervello. Hai trovato una risposta oltre la finestra; non è servito.

L'uomo per bene va a votare, l'uomo per bene va in chiesa, l'uomo per bene non ruba le caramelle.

La donna perbene fa un pompino e dopo cucina un pasto nutriente.

Il suo uomo può ritenersi soddisfatto, ma non lo è.

Una casa accoglie e riscalda mentre qualcuno dorme sotto i ponti.

Ma se questo qualcuno si spegne per il gelo che gli gratta la pelle, chi ne ha colpa?

E' colpevole il fato o l'indifferenza? Non lo so.

Per 31 anni ho dormito al fianco di un bosco. Credevo che imprigionato all'interno di ogni albero vi fosse uno spirito e che la notte questi si ritrovassero per discutere animatamente delle mie vicende di vita quotidiana. Era anche mia convinzione che all'interno di questo gran jury di entità si fossero formate due fazioni a sostegno di giudizzi diametralmente opposti.

In primavera quando la pioggia donava i freschi colori del risveglio, la notte gli spiriti del bosco si concedevano aggraziati giri di danza; nel bosco era estasi, un lontano ritmo sussurrato dal vento della prima fioritura sotto un cielo lucido di stelle.

Perdonavo gli spiriti per il tempo che sottraevano all'analisi dei miei risvolti diurni, poichè non v'era spettacolo che io avessi mai visto paragonabile al loro volteggiare sulle trame della notte.

Alla sera poi m'incantavo nell'ipnosi del tramonto oltre il bosco e riducevo tutto ad un incanto. Siete certi che la vostra vita non sia una fiaba in un volume abbandonato sotto strati di polvere. Nel mio bosco danzavano spiriti ciarlatani, nella casa infondo alla strada viveva una donna lupo e una voragine nei campi ha inghiottito un mago che stringeva in pugno una sfera di pirite. Mi dissero che aveva intensione di implodere e non di esplodere e io ci ho creduto. Quando poi mi sono svegliato era tutto un sogno e con la musica nella testa sono sceso per la strada in cerca di una traccia.

Gli alberi non mi hanno visto, il cielo gocciolava di un pianto liberatorio e impercettibile, le orme che ho seguito si diramavano per poi ricongiungersi e mi sono spaventato per questa strada che tornava sempre sui suoi passi. Immaginate l'odore che ingoiavo, il fetido tanfo di piedi che marciscono in impronte di catrame.

Quella notte gli eterei abitanti del mio bosco non si sono schierati, non hanno avuto alcun battibecco. Decisione unanime, giuria concorde: la trama rischia di annoiare, il cammino si interrompe per riprendere lungo una via senza orme da seguire.

Sul soffio di un petalo e di una farfalla loro scivolano sul mio cuscino e tramutano il riposo in sogno, immagini nella mente si fanno convinzione.

Adesso gli spiriti del bosco possono tornare a scannarsi, a dire ognuno la sua. C'è abbastanza trama per i loro denti.

Io mi rammarico e niente altro, poichè sono un'attore e niente più. Interpreto il destino e certe volte mi chiedo perchè, poi ho l'impressione di venir deriso alle spalle ma non mi volto.

Non vissero felici e contenti ma si amarono sempre e comunque.

03 febbraio 2007

Analisi

La gestione è affidata al caso?
Ad esempio: in cosa differisce lo stare in un pub affollato dallo stare in un palazzetto gremito per un concerto degli ac/dc.

Teorie:

a- Il pub ti annoia, il concerto ti acchiappa.
b- La sera al pub eri depresso, al concerto eri euforico.
c- Al pub puoi essere notato, osservato. Nel palazzetto sei uno dei tanti nella folla, nel buio, nel frastuono.

A dire il vero è più una combinazione di fattori, almeno per me.
Non devo andare in un posto se non ne ho voglia, se è per forza. Poi c'è da dire che al pub sei seduto e magari sei con l'auto di qualcun'altro e non puoi andartene quando vuoi. Tragico, vero?

Al concerto non c'è posto per il panico, Il concerto degli ac/dc non è per me un comune concerto, e' un evento sacro in cui ricevo quello che più adoro; il loro high voltage. Strano, vero?
Strano che se ad un evento ci tieni particolarmente non trovi spazio per le paure.

Ho passato molte serate piacevoli in quel pub. Diciamo che ha fatto pure da contorno alla storia che mi ha portato ad essere padre. Ma una delle tante sere fu orribile, da dimenticare.
Non ci fu niente da fare, rimasi seduto sulla mia sedia a fingere sorrisi e a fingere di ascoltare mentre dentro credevo di morire. Mi ripetevo la frase di rito; non è niente, calma, non è niente calma!
Un amico mi chiese se avevo caldo: Hai caldo? Stai sudando...

No tranquillo, rispondo, sto solo morendo un po per volta. Mi sento come se mi avessero cacciato un grido di dolore su per il culo e poi mi avessero infilato un calzino in gola per non farlo uscire. Ti è chiara la situazione?

Dove inizia una pessima giornata? Nel sonno? Mentre esci per andare a lavoro?

Se cambi strada e te ne freghi, se svolti per quella strada subito prima della tua azienda e poi accelleri a tutto gas, cambierà veramente qualcosa?

Sentiranno la tua mancanza o sarai solo un argomento di chiacchiera per un po e poi basta.

La pessima giornata inizia quando scarseggiano le motivazioni.

La pessima giornata inizia quando hai dormito poco e/o male. Ma è normale, mi pare equo.

Le motivazioni poi... vattele a cercare, cosa aspetti?

Ok, concludo incolpando me stesso.

A qualcuno serve una botta di pessimismo?

Anedoto della ragazza con gli occhiali.

Nel 1998 una ragazza pessimista e bellissima mi ha chiesto di prenderle la verginità.

A 350 km da casa mia mi ritrovo con una tale responsabilità.

Lei mi piace, c'è un gran feeling, i baci durano un'eternità e ci annodiamo nudi e solo nudi, in pratica senza vestiti, intendo dire spogliati.

Non ho ancora deciso, a dire il vero non ci penso, sono preso dai rettilinei sulla sua pelle, lunghe strade che lascio percorrere alle mie dita.

Il fatto che sia emotivamente fragile, una pessimista cronica, mi frena, temo le conseguenze.

E' come se mi chiedesse di lacerare la sua tristezza, penetrare in lei e ferire a morte l'orco che vive nel suo ventre.

Troppo strano detto così? Spero si capisca.

Ancora mi dilungo tra piacere e dispiacere, quando la sento accomodarsi a gambe divaricate per accogliermi. Riesco a divincolarmi dall'intreccio dei nostri corpi e finisco esattamente nell'incastro perfetto che lei ha creato fra le proprie cosce.

A dire il vero sparisce ogni sorta di perlessità. I suoi occhi non sono tristi, non sembra aver dubbi sul da farsi, anzi è un'incendio di colori sangugni il suo volto, i suoi zigomi.

La bacio e mi sento afferrare con delicatezza per essere guidato all'interno.

Un luogo inimmaginabile dove ogni minima contrazione viene amplificata e riesci perfino a perderti con consapevolezza. Decidi di farlo ma non devi farlo, accade e basta.

La ragazza pessimista amava come una dea. Con grazia innata, pronta a dare e ricevere, senza esperienza ma perfetta.

Perchè scegliesti proprio me?

Grazie.




15 gennaio 2007

Caffè e nicotina

Ho sentito dire che fanno parte della famiglia dei veleni.
Io ho ripreso a bere caffè da alcuni mesi, così come sono tornato alle sigarette dopo quasi due anni di astinenza.
Molte persone che conosco evitano il caffè come la peste e posso capirle. Una volta dopo aver bevuto una tazzina di espresso al bar difronte alla scuola sono stato colto da un violento stato ansioso.
Che schifo, odio l'ansia! Ti scava le budella, ti impedisce di pensare con chiarezza.
Dopo quella volta sono stato alla larga dal caffè per un bel pezzo e quando me lo offrivano mi trovavo in imbarazzo, come se dire di no stesse a significare chi sa cosa...
Quella volta credo sia stata, come del resto quasi sempre, la mia ipocondria.
Cazzo il caffè, cazzo ora muoio! Maledetto barista, era una spia della CIA, mi ha avvelenato!
E poi la nicotina...
Solitamente la gente fuma se è nervosa, per me è l'opposto. Se sono rilassato mi va di fumare, altrimenti vade retro Marlboro Light!

Colto da forte ansia vengo catapultato in un limbo di sofferenza dove le pareti del nulla mi schiacciano senza pietà. Più di una volta sono stato tentato di scappare e invece restavo lì a soffrire, a cercare di camuffare il dolore.
Ho anche immaginato di correre nella vastità e di gridare al cielo il mio malessere, liberarmene a braccia aperte, il vento assente, solo io ed uno smisurato spazio erboso dove lanciarsi a perdifiato.
No, non mi convince.
E' alla gente che devi dire, ai tuoi simili, ai tuoi compagni di sofferenza.
Pensi davvero di essere tu solo, sei così presuntuoso da credere al tuo personale fardello.
Pensi davvero che dio si sia scervellato una notte intera per trovarti un angolo tutto tuo dove soffrire, lo credi?

Ora non più. Sono stato tremendamente ingenuo, ridicolo, con le mie lacrime di cristallo.
Il pianto del mio vicino è simile al mio, il male è comune.

Adoriamo essere compianti, ma odiamo la pietà, quindi?
E' una giochino la sofferenza? E' un trastullo contro la noia?
Non so darmi una risposta; ci penso, ci ripenso, poi lascio perdere.

Un bambino mi fissa con i suoi occhi divini.
E' mio figlio. Cosa pensa di me?
Cosa si aspetta? E io cosa ho da dare?
Che paura amico sofferente, che missione...



Il capo indiano danza sotto un tetto di stelle.

Ha acceso un fuoco e ha letto il verdetto nella colonna di fumo.

Da oggi a domani potrebbe essere morto.

La notte lo corteggia, lui danza.

All'orizzonte la furia dei cavalli e le divise blu.


13 gennaio 2007

1° bacio: Nuova dimensione

Il titolo non è a caso.
Mi aggiravo con le mani in mano; chiodo e jeans a campana, le sigarette in tasca.
Se ripenso al mio stato d' animo fa capolino la parola presentimento, me lo aspettavo, mi scivolava sulle ossa.
Non la vedevo da due giorni, poi compare e il mio cuore trema.
La accompagno ad acquistare dei libri e dei quaderni, poi parlo perché non riesco a stare, mi ha baciato, si, ma con distacco.
Io: C'è qualcosa che non va, vero? Ho appena detto le parole sbagliate, l'ho imboccata...
Lei: Mi assalgono dei dubbi, quando non ci sei, quando sono a casa.
Io: dubbi? Di che genere?
Lei: Dubbi su di noi. Poi ho da studiare, sai la scuola...
Io: Scuola? Che c' entra la scuola? E io?
Lei rimane in silenzio
Io: E' finita vero? Mi pento immediatamente di averlo detto, che cazzo mi passa per la testa?!
Lei: Va tutto bene poi ho dei dubbi... Non so se ti...
STOP! NON LA LASCIO FINIRE, NON CE LA FACCIO AD ASCOLTARE QUELLO CHE PENSO STIA PER DIRE.
Io: è finita vero? Ti odio, sparisci...
Lei ha gli occhi lucidi, si volta, si allontana.

Tutto qui?

All'inizio non realizzo, poi mi assale qualcosa quando me ne vado in giro con gli amici, qualcosa di strano, è come essere lontano mille miglia, incredulo, al limite e mi separa un sottile strato di normalità dalla disperazione.
Ti dici che forse è solo un momento e ripensi ai baci, alle emozioni che vi hanno accomunato e a come in quel momento pensavi di essere speciale, una parte di lei, niente altro oltre i tuoi occhi nei suoi, il suo mondo, tu il suo mondo.

Un compagno di veglie notturne al microfono una volta mi disse che mi ero costruito un castello di carta, qualcosa di bello ma fragile, sempre lì lì per crollare. Avevo idealizzato l' amore come un qualcosa che non termina perché è troppo immenso per capitolare, così appagante che non ti lascia immaginare l' altro lato, almeno finché non ne conosci ogni sfaccettatura.

Io non sapevo, non immaginavo che si potesse soffrire così tanto, essere devastati a diciotto anni, non ero pronto a tanto dolore, non mi avevano preparato. Nei film l'amore che finisce non mi coinvolgeva, non capivo e non mi soffermavo su quel che l'attore metteva in scena, non capivo il perchè di tante canzoni tristi, mi annoiavano, non ero partecipe.

Il giorno dopo era sabato, era pioggia, l' estate fra i suoi capelli ormai un ricordo che ti spaccava in due se solo si affacciava; e tu che lo scacciavi, guai a riprendere quei trascorsi, guai tornare con la mente all'estate, al primo bacio, alla complicità ormai sfumata.
Piove, prendo il treno con un mio amico; no, non avevo amici, non avevo nessuno in quel momento, mi tenevo il mio dolore e non sapevo spiegarlo e mi vergognavo di essere piegato da una ragazzina, dal suo odore, dal suo volto.
In viaggio mi chiedevo ogni istante dove si trovasse e se anche per lei c' era del dolore in quella piovosa mattina d'autunno e il solo pensiero che il suo dolore potesse essere solo per il fatto di avermi fatto soffrire mi spaccava in due.
Ero nella nuova dimensione, come se qualcuno avesse tolto una sorta di pellicola dai miei occhi.
I colori diversi, le cose e il loro nuovo significato. Un muro scalcinato visto dal finestrino del treno e le erbacce; il mio personale quadretto di tristezza, perché?
Guardo il mio amico seduto di fronte e devo renderlo partecipe di tanta angoscia.
Perché un ritaglio di paesaggio urbano, un muretto alla fermata del treno, l'erba incolta, un cassonetto e l'aria uggiosa, perché tutto questo mi deprime? Non mi era mai successo, me ne fregavo, non notavo quei dettagli nella vecchia dimensione.
Allora realizzo, non del tutto ma in parte sì.
La tristezza così profonda, così nuova, che mi ha sorpreso e calpestato, non è all'esterno, non è nel paesaggio. E' dentro di me, tutta mia, sono io che coloro di grigio il mondo.



Un sabato di pioggia, un sabato di dolore, passerà più di un anno e andrò allo sbando.
Ero un ragazzino col suo dolore, senza soluzione.



Impreparato e fragile. Ultime parole sul fatto, 16 anni dopo.

Riders on the storm

Riders on the storm

Into this house we're born

Into this world we're thrown

Like a dog without a bone

An actor out alone

Riders on the storm

13 ottobre 2006

1° bacio: cronaca dai ricordi

Era il primo sabato di ottobre, un pomeriggio alla fine di una lunga estate. Nell'aria vaneggiavano frasi da adolescenti, un mondo incantato dove i giochi sfiorano il sesso e dove ci si confonde per uno sguardo. Il mio nome era scritto in quel giorno, fino ad allora davo tutto per scontato ed ero assorto in una visione incompleta, ero un bambino mezzo uomo.
Mi bruciava nel petto, come dolore e conforto ed estasi, e lei lo sapeva. Mi ero confessato su nastro, dopo la musica la mia voce a rompere gli indugi. Era troppo, non potevo trattenere tanta passione, erano gli dei a comandare, a dire di non negarmi all'amore. Un uomo sta ad una donna, un universo che gira attorno al sangue, al desiderio.
L'estate ci aveva cotti al sole e l'autunno era il fresco ristoro, era il primo sabato di ottobre.
Ho come l'impressione di aver navigato fra i suoi capelli, lunghi e profumati di lei. Ipnotizzato dalla passione sono giunto sulle rive del fiume artificiale e ci siamo presi per mano. Lei con le spalle al parapetto, sotto l'argine incolto, all'orizzonte il tramonto. Ci ha messo lo zampino qualcuno, la perfetta scenografia da primo bacio.
Sento i miei amici nel campo da basket, ogni tanto ci osservano, curiosi, acerbi, estranei.
Io mi sono perso nei suoi occhi, il sangue sciacqua ogni cosa anche il mio pensiero; anche per lei è così. Ha gli zigomi incendiati, ci sfioriamo, ci cerchiamo da troppi mesi, siamo in combutta, anime in sincrono.
"Ci guardano?" mi chiede, la voce rotta dall'emozione.
Io mi avvicino, gli inguini si sfiorano, siamo al punto di non ritorno.
"Lo sai che ti amo, mi sento perso a guardarti."
"Lo so..." risponde.
Mi avvicino e le sfioro una guancia, un gesto delicato, lei piega la testa verso la mia mano e socchiude gli occhi.
"E se ti bacio?"
"Si."
E' come morire trasportati dal vento all'infinito. Leggeri e pieni di passione uniamo le nostre labbra. 5 ottobre 1991.
Lei mi dira di amarmi, mi stringerà a se, come in un sogno torrido e romantico, è il nostro primo bacio. Nel momento perfetto, nello stato d'animo perfetto, al culmine di una ricerca.

La sera entrai nella sala, in fila, indolente, l'auditorio era vasto e silenzioso, sullo schermo il film DOORS. Con la testa che ancora mi gira per l'emozione, è un sogno che si è avvereato. Non c'era nient'altro da avere, lei era la parte mancante, era tutto. Poi sotto le stelle a fumare una sigaretta, il fumo si allontana con la brezza d'autunno, penso a lei, fremo al pensiero che ci siamo baciati, che domani è un nuovo giorno per stare assieme. Nemmeno immagino la burrasca oltre l'orizzonte.

segue...

20 settembre 2006

Risvolti e stranezze

Qual'è l'insegnamento fondamentale?
Esiste la regola senza eccezioni, l'incondizionto modo di essere e interagire?
Avete tirato le somme?
Cosa? Un'equazione di vita non si risolve?
La si accetta come l'infinito e poi si prosegue liberi dall'ossessione del se e del ma?!

Cosa vuoi fare da grande, cosa credi di poter fare, mi chiese il maestro che assomigliava a Sgarbi.
Ho pensato in quel momento: non lo so.
Ho risposto in quel momento: il giocatore di baseball e l'acchiappa fantasmi part time

Oggi so cosa voglio fare da grande? E quando sarò grande?
Ma soprattutto l'acchiappa fantasmi rende bene?

Le stesse domande ce le hanno fatte alle medie e alle superiori e io ero uno che ci credeva ai prof.
Li contestavo proprio perchè mi faceva arrabiare lo status simbolz che avevo idealizzato.
Credevo che il fatto di poter insegnare li rendesse un po' come dei saggi senza vizzi.
Ora sò che non funziona così. So che il primo della classe non sarà il primo nella vita e che chi acchiappa i fantasmi achiappa anche le belle sventole. ma??

Entrare e uscire è il diritto universale di ogni uomo. E che ci crediate o no il movimento pelvico fa girare il mondo.
Sfoglio una rivista dal medico. Mostra una foto in scala 1 a tanti milioni che raffigura il TITANIC sul fondo del mare. Inquietante. La poso e ne sfilo una nuova dal mucchio. La sala d'aspetto è vuota e fredda. Da un'angolo suona la radio, musica new age e fruscii assortiti.
La nuova rivista mostra nudità. Donne e uomini, alcuni/e col volto nero di censura.
Strana rivista per uno studio psichiatrico. E' nuova, pare mai letta.
Ci sono annunci di vario genere, offro tot cm, faccio di tutto, più siamo meglio è, ecc...
Allungo gli occhi verso la signorina alla reception, ma è assorta nel suo libro.
Allora sfoglio avido, curioso. Il sesso è sempre ben accetto. Mi colpisce lo squallore della maggior parte delle foto, mi danno un senso di sporcizia e sudore.
Poi sento la dottoressa che saluta il paziente e la porta dello studio si apre. Lancio la rivista sul tavolo delle riviste. Resta socchiusa, si vede un pene e una bocca a mo di bacio.
Dallo studio esce un bella ragazza e attraversa la sala d'aspetto. Il sedere scolpito aderisce ai pantaloni e i movimenti lo fanno ondeggiare il tanto che basta. I seni li puoi immaginare, aderenti alla camicetta e profumati di essenza e di pelle. Le labbra sono lucide e anche gli occhi, come se avesse appena finito di piangere. Le passo accanto, emana un buon odore, troppo buono, allora la fermo, la afferro per un braccio e lei si volta. Ci fissiamo un'attimo, il tempo di un battito del cuore, poi è il caos dei sensi. Si uniscono le nostre labbra e le nostre lingue sotto gli occhi esterefatti della dottoressa. Finiamo in ginocchio, avvinghiati in preghiera, uniti dalle nostre bocche. Scorre saliva e ci scambiamo l'odore dell'estasi come animali in calore. Scherzo.
La ragazza mi passa accanto e io saluto la dottoressa. Entro nello studio e parlo per 50 minuti dei miei alti e bassi, dei sogni, degli incubi. Poi pago, saluto «arrivederci», percorro la sala d'aspetto, guardo sul tavolo e le riviste sono come le ho lasciate, tranne quella degli annunci che non c'è più.